PPRuNe Forums - View Single Post - Inconveniente grave A319 Air Moldova
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Old 6th Dec 2017, 17:17
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Ramones
 
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Un interessante articolo di un Comandate AZ , non di un giornalaio , interessante spunto per una discussione senza patatine e aperitivi, ossia tra Professionisti

Emergency fuel: una preoccupante routine.
Articolo di Antonio Chialastri

È successo di nuovo. In questi primi giorni di novembre, un altro aereo, della Air Moldova, ha dichiarato emergency fuel sull’aeroporto di Fiumicino durante una giornata caratterizzata da maltempo sull’Italia centrale. Non è la prima e non sarà l’ultima. Sembra che nessuno si preoccupi di questa inquietante tendenza all’aumento delle emergenze dovute a scarsità di carburante.

Sydney Dekker parla di drift into danger, cioè quel fenomeno lento ed impercettibile che porta la comunità aeronautica ad accettare livelli di rischio crescenti senza quasi rendersene conto. Purtroppo, ogni tanto capitano degli eventi che non si possono più ignorare e solitamente hanno la forma dell’incidente aereo.

Sono quasi venti anni che l’industria aeronautica ha introdotto gradualmente e silenziosamente delle fuel policy che puntano a persuadere i piloti che effettuare il volo imbarcando il minimo quantitativo di carburante previsto dalla normativa sia una cosa normale.

Se riflettiamo sul significato delle parole ci accorgiamo che “minimo legale”, vuol dire anche che un kilo soltanto al di sotto e siamo sia illegali, sia insicuri (unsafe). La tradizionale filosofia del margine, che porta i piloti, ed in genere l’industria, ad operare non ai limiti operativi, ma entro una fascia di tolleranza che serve ad attutire eventuali irregolarità, imprevisti o contingenze che possono capitare in volo, ha subito un mutamento; è stata sostituita dal gioco dell’avvicinamento asintotico alla linea rossa del pericolo.

Anche nel settore ferroviario vige il detto: “Se succede qualcosa, il macchinista ha la morte davanti e la galera dietro”. Il pilota, anche. Solo è che molto più attento agli aspetti di gestione del rischio che di analisi delle proprie responsabilità professionali, giuridiche ed etiche. In questo prima puntata, parleremo proprio delle responsabilità, lasciando l’analisi della gestione del rischio in un secondo momento.

Non esiste un volo uguale all’altro. C’è sempre un imprevisto, una contingenza, un elemento imponderabile che avviene al di là delle nostre previsioni. Quando si imbarca il carburante per il volo, stiamo scommettendo sul quantitativo che ci servirà. Spesso, quello che abbiamo deciso si rivela esatto; altre volte no. Il problema è che nel campo aeronautico le cose devono andare bene sempre; non spesso.

La filosofia che è stata imposta ai piloti negli anni è partita come un messaggio di buon senso. La vulgata manageriale cominciò con “E’ inutile mettere sempre il pieno, anche quando è una bella giornata, perché ci sono diversi modi di portare a buon fine il volo”.

Neanche a dirlo, i manager si sono confrontati con dei piloti che pur di fare carriera si sono prodigati a cercare giustificazioni della bontà di questo approccio. Quindi, piano piano, in modo impercettibile uno dei capisaldi del buon senso operativo che vedeva nel detto “pista dietro, cielo sopra e carburante nella botte sono cose inutili”, è stato modificato. Oggi, lasciare il carburante nella botte, nella mente di molti piloti, è diventata una virtù.

Ma qual è il motivo vero per cui è nata questa policy? Mettendo più carburante l’aereo pesa di più e quindi avendo bisogno di più potenza dei motori si consumerà di più. Se una flotta di aerei è consistente, anche risparmiando un quantitativo minimo ogni volo e moltiplicandolo per il numero dei voli, si ottiene un risparmio.

Solo per capire a quanto ammonta questo risparmio, si parla di cica 30/40 kg. per ora di volo per un aereo di linea di medio raggio. Vuol dire che se i piloti imbarcano il minimo carburante per andare da Roma a Milano, risparmiano teoricamente 40 kg. di carburante, che con un costo attuale di 80 centesimi al litro, porta nelle casse della compagnia la bellezza di 32 euro. Ora, se noi volessimo imbarcare 1000 kg in più, fornendo un margine di sicurezza all’equipaggio e facilitando la regolarità del volo, dovremmo capire quanto questa decisione costa per passeggero. Allora, dividiamo 32 euro per 160 passeggeri otteniamo ben 20 centesimi a testa.

Un marziano si chiederebbe: quale passeggero non sarebbe disposto a pagare 20 centesimi per la propria sicurezza? Rispetto alle tariffe pagate per un volo, l’incidenza del carburante extra è veramente irrisoria se non invisibile. In compenso, risparmiare su questa area può portare non pochi problemi operativi e qualche conseguenza dal punto di vista della sicurezza. Basti pensare al volo Lamia che si è schiantato nei pressi di Medellin a gennaio scorso, per l’esaurimento del carburante a bordo. Certo, si potrebbe obiettare che quello è stato un caso limite, ma dall’andamento del fenomeno legato alla ridotta autonomia degli aerei di linea oggi, non ci metterei la mano sul fuoco che non possa capitare di nuovo una tipologia di incidente simile.

Solo due mesi fa, mentre ero in volo, ho sentito un aereo della SAS che dichiarava emergenza carburante, dirottando a Pisa dall’aeroporto di Fiumicino. E siamo a due nell’arco di due mesi di cui sono a conoscenza diretta, solo perché li ho sentiti in frequenza. Poi ci sono tutti i casi che gli inglesi definiscono “unreported”, rendendo il fenomeno molto più diffuso ed insidioso di quello che si pensi.

Infatti, ci sono diverse situazioni che possono non essere riportate. Ad esempio, l’equipaggio arriva sull’aeroporto di destinazione con un carburante non sufficiente a raggiungere eventualmente l’aeroporto alternato. Una volta a terra, i piloti semplicemente compilano i documenti e vanno a casa senza notare il tipo di minaccia latente. In realtà, questo è un evento preoccupante che dovrebbe essere riportato, poiché in caso di chiusura imprevista e repentina dell’aeroporto di destinazione l’equipaggio non avrebbe avuto un altro aeroporto dove poter atterrare con i dovuti margini.

Il secondo caso è quello in cui i piloti si rendono conto di essere scesi sotto un determinato livello, ma decidono di non riportarlo per una serie di motivi: stanchezza, sfiducia nel management, timori per azioni disciplinari, altro?

Il terzo caso è quello in cui i piloti riportano correttamente la situazione critica all’ente sicurezza volo, il quale da parte sua non divulga l’informazione al resto dei piloti. Quindi, la conoscenza del fenomeno ristagna in sacche non accessibili alla comunità dei naviganti.

Il quarto caso è quello in cui dopo aver riportato una situazione critica, l’ente sicurezza volo divulga l’evento a tutti per aumentare la consapevolezza situazionale e disseminare cultura della sicurezza.

Il quinto caso è quello in cui un evento critico esce dal ristretto ambito degli specialisti e finisce sui giornali.

L’opinione pubblica conosce solo questo tipo di casi, molto rilevanti e gravi, che tuttavia rappresentano soltanto la punta dell’iceberg.

Quello che deve essere chiaro a tutti i soggetti del sistema aeronautico (operatori di front-line, enti regolatori e di controllo, opinione pubblica, management, associazioni professionali e dei consumatori) che la sicurezza è interesse di tutti e non può essere gestita con metodi opachi.

Soprattutto, la percezione della sicurezza può variare secondo i punti di vista dei vari stakeholders. Il quantitativo di carburante imbarcato da un equipaggio potrebbe essere considerato pericoloso da un passeggero e invece un inutile spreco da un manager.

Questi punti di vista non equivalenti vedono il Comandante tra l’incudine e il martello. Da una parte, lo Stato chiede che il Comandante sia il tutore della sicurezza, mentre dall’altra i manager chiedono che sia orientato al profitto. Questa doppia veste in cui da una parte si gode di ampia autonomia decisionale garantita dallo Stato, mentre dall’altra si è soggetti ad una linea gerarchica aziendale - che tende a vedere il Comandante come un dipendente - provoca in alcuni un senso di disagio quando si tratta di decidere quanto carburante imbarcare.

Ebbene, l’esperienza di volo serve proprio a questo; a capire, volta per volta, quando ci sono le condizioni per poter risparmiare e quando invece il carburante deve essere l’ultimo dei problemi.

Ovviamente, chi deve prendersi la responsabilità di decidere è il Comandante che viene appunto pagato per prendere decisioni, possibilmente giuste. Perché in caso contrario, si apre un vaso di Pandora con l’innesco di una serie di conseguenze di ordine tecnico, professionale e legale di cui non tutti sono consapevoli.

Vediamo anzitutto come l’ICAO considera l’emergenza carburante. Gli eventi vengono classificati secondo gravità come accident, serious incident e incident. L’Annesso 13, che regola le investigazioni aeronautiche afferma che devono essere oggetti di investigazione aeronautica sia gli accident sia i serious incident (la differenza tra i due è che mentre nel primo è successo qualcosa, nel secondo avrebbe potuto succedere altrettanto, ma solo la fortuna ha giocato un ruolo nell’evitare conseguenze più gravi).

L’emergenza carburante è considerata serious incident. Inoltre, è previsto che sia l’accident sia il serious siano trascritti sulla licenza del pilota. Quindi, in linea puramente teorica, il pilota si ritrova ad avere la propria licenza non più vergine per via di questo evento. Poi, quando cercherà lavoro in giro per il mondo si troverà a dover fare i conti con una piccola postilla (no remarks on license) messa da quasi tutte le compagnie che cercano piloti. È un modo come un altro di complicarsi la vita, ma c’è chi è più propenso al rischio di altri e bisogna accettare questo giocare con la sorte, fintanto che tutto finisce bene.

Il secondo aspetto un tantino più grave riguarda le conseguenze penali di un’emergenza carburante. Infatti, una volta che si finisce sui giornali si apre uno scenario interessante. Un passeggero presenta un esposto ad un magistrato che è tenuto ad aprire un fascicolo per “Attentato alla sicurezza dei trasporti”. Non tutti sanno che nel nostro codice penale esistono diversi tipi di reato, tra i quali “disastro aeronautico” (accident) e “attentato alla sicurezza dei trasporti” per gli eventi da pericolo, tra i quali rientra, per la stessa definizione dell’ICAO, l’emergenza carburante. Il codice penale, all’art. 432 riporta:

“Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Si applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria.

Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”.

Il giudice che convoca il Comandante, molto cordialmente chiederà come sono andati i fatti. Sicuramente ci sarà stato un imprevisto, una irregolarità operativa che ha comportato un’alterazione dei piani, portando a consumare più del previsto. La prima domanda che sorge spontanea al giudice sarà: “Scusi, ma avete avuto tutti questo problema o solo lei ha dichiarato emergenza?”. Già il fatto di dire “solo io” mette il malcapitato in una brutta luce. La seconda domanda spontanea sarà: “Ma scusi, ma lei non poteva imbarcare più carburante?”. Quasi certamente il Comandante risponderà ingenuamente di sì, suggerendo inconsciamente al giudice la terza domanda spontanea: “E perché non lo ha fatto, se ne aveva la possibilità?”. A questo punto il Comandante non si è accorto che sta sudando e probabilmente ascoltando le proprie parole si renderà conto che le assurdità che i manager gli hanno raccontato fino a quel momento non servono a tirarsi fuori dalla situazione in cui si trova: “Per risparmiare, signor giudice”.

Sono parole che ricordano molto i famosi processi in cui gli imputati si giustificavano con “Eseguivo gli ordini”. Affermare che per risparmiare soldi si mette in pericolo la vita dei passeggeri è una specie di suicidio legale.

Ovviamente, il giudice è una persona di buon senso ed allora andrà a ritroso a cercare i riferimenti documentali in cui la compagnia aerea ha invitato i Comandanti ad imbarcare il minimo carburante. Ebbene, non esiste nessuna pezza d’appoggio scritta per il semplice motivo che una policy per sua natura è orale. Non c’è niente di scritto che intimi al Comandante di imbarcare il minimo quantitativo.

Ecco cosa si intende per pressioni organizzative. Un profano potrebbe non capire cosa spinga un Comandante a mettere a repentaglio la propria licenza, la propria fedina penale e in casi estremi anche la vita per risparmiare carburante.

Il volo commerciale è caratterizzato dal fatto che ha dei paletti molto più larghi del volo militare, dove il raggiungimento dell’obiettivo è tutto. Interpretarlo come un continuo esercizio di prove di ardimento non porta vantaggi né al singolo, né ai passeggeri, né alla Compagnia.

È necessario quindi tornare a riposizionarsi in quella fascia di tolleranza rispetto al rischio che eviti brutte sorprese, mantenga i margini di sicurezza adeguati per il tipo di operazioni che si stanno svolgendo e soprattutto ci si cominci a chiedere se quello che viene chiesto è etico o non accettabile dalla coscienza professionale del pilota.

Per quello che riguarda il livello di rischio indotto dalla fuel policy c’è da fare un discorso a parte che è molto lungo e che riprenderemo nella prossima puntata.
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