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3 – DOPO ALITALIA, TOTO NON DOVRÀ SALVARE ANCHE LA SUA COMPAGNIA?
Non ha soldi e non ha rivali, ma per Carlo Toto la conquista di Alitalia è ancora difficile. Ieri il padrone di AirOne si è misurato con i sindacati e ha presentato il piano di esuberi. Entro un anno 2.350 dipendenti dovranno lasciare l'azienda. Nessun esponente delle confederazioni gli ha sbattuto la porta in faccia; anzi, i sindacalisti seduti al tavolo lo hanno ascoltato con attenzione e con un po' di ironia. Sono convinti che a quest'uomo dal volto pacioso e rassicurante manchi il carburante per il decollo.
Fino ad oggi Toto può godere dell'appoggio di Sant'Intesa, ma per mettere insieme i 3 miliardi di euro che servono per portare a casa Alitalia occorre il consenso di un pool di banche più allargato. In ballo ci sono MontePaschi, Lehman Brothers, Morgan Stanley e Nomura. Tra questi istituti le perplessità sono alte perché il bilancio approvato proprio ieri dall'Assemblea di Alitalia rivela un buco di 606 milioni di euro che farebbe scappare qualsiasi investitore. A tutto questo si aggiunge la convinzione che Toto non abbia dietro di sè il management attrezzato per un'impresa così impegnativa. E' questa l'opinione dei sindacati e dei passeggeri di AirOne che nell'ultimo weekend sono stati messi a dura prova dalle inefficienze della compagnia.
Venerdì scorso a Fiumicino la coda per il check-in ai banchi di AirOne arrivava fin sul piazzale esterno e qualcuno si chiedeva ironicamente se dopo aver salvato l'Alitalia, Toto non dovrà salvare anche la sua compagnia. L'unico che se la gode in queste ore è Giancarlo Cimoli, il marmoreo ex-presidente di Alitalia che è stato liquidato con un pacco di milioni. Ieri l'Assemblea degli azionisti ha deciso di non esercitare alcuna azione di responsabilità nei suoi confronti e di lasciargli a vita la "Freccia Salata".