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Old 26th Jan 2014, 09:14
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'ngulo_frà
 
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La lettera, una vera bomba ad orologeria posta sotto le casse esangui di Alitalia, è datata Napoli 9 gennaio 2014. Porta le firme dell'avvocato Astolfo Di Amato e di Cosimo Carbonelli, uno dei soci della G&C Holding srl, azionista (1,24 per cento) della nostra ex compagnia di bandiera.

Si tratta di un atto di diffida e messa in mora che, insieme a una durissima requisitoria contro Banca Intesa San Paolo, senza tanti giri di parole chiede ad Alitalia un pesantissimo risarcimento danni, circa 85 milioni di euro. Una vera e propria dichiarazione di guerra che rischia di avviare un conflitto interno tra gli azionisti dagli esiti difficilmente prevedibili.

La richiesta, che getta una luce ancora più fosca sul futuro della già disastrata compagnia aerea in affannosa trattativa in queste ore con gli arabi di Etihad per una possibile alleanza-salvataggio, è indirizzata alla stessa Alitalia e ad alcuni suoi soci: Intesa San Paolo, naturalmente, Air France-Klm, Toto Spa, Ap Holding; e poi i due ex amministratori delegati di Alitalia Rocco Sabelli e Andrea Ragnetti; il direttore generale di Intesa San Paolo Gaetano Micciché; il presidente della stessa Alitalia Roberto Colaninno; Jean Cyril Spinetta, ex presidente e ad di Air France-Klm; Bruno Matheu, altro alto dirigente della compagnia francese.

Nella lettera si parte da lontano, raccontando la storia dell'investimento di G&C nell'ex compagnia di bandiera.

La G&C ha investito in Alitalia 39.647.988 euro, operazione effettuata «in ragione del piano industriale “Fenice” che prevedeva il rilancio della società in termini di sviluppo ed un aumento della redditività del capitale investito». A fronte delle belle premesse, però, Alitalia è «entrata in una evidente crisi di liquidità», con la conseguenza che l'11 ottobre 2013, Credit Suisse «ha stabilito che l'equity value della società era compreso tra euro 0 e 150 milioni di euro».

A tale crisi di liquidità, si sostiene nella lettera, «non ha fatto fronte neppure l'aumento di capitale deliberato il 14-15 ottobre 2013 tanto che, secondo recenti notizie di stampa, vi sono urgenti necessità di cassa a cui Alitalia non è in condizione di far fronte».

Perché è accaduto tutto questo? Il legale di G&C Di Amato non ha dubbi: «Il degrado della situazione economico-finanziaria della società» va attribuito «al ruolo egemone svolto dal socio Intesa San Paolo spa (Isp), la quale ha di fatto guidato Alitalia con decisioni che hanno avuto un ruolo estremamente negativo sulla stessa».

Isp, si ricorda infatti nel documento, non solo è socia di Alitalia per una percentuale di «circa l'8,555% alla data del 15 ottobre 2013», quota incrementatasi «a più del 20 per cento in seguito alla sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale» (per la precisione è arrivata al 20,59%), ma è anche creditore di «Alitalia per un importo di diverse centinaia di milioni di euro e finanziatrice di gran parte dei soci della stessa Alitalia».

Una circostanza che, stando alla lettera, avrebbe avuto un peso determinante sull'evoluzione della crisi societaria giacché è proprio «alla guida di Isp che sono dovuti due scellerati profili di gestione che hanno irrimediabilmente danneggiato la Società».

A quali scelte ci si si riferisce? Innanzitutto, all'operazione che Alitalia ha portato avanti tra il 2008 e il 2009, con la quale «ha acquistato il gruppo Air One ad un prezzo complessivo pari a oltre 700 milioni di euro, considerando l'esborso a favore del cedente e l'acquisizione del debito».

L'altro capitolo oscuro sempre addebitabile a Isp, si riferisce all'affidamento «della gestione industriale di Alitalia a Air France-Klm s.a. (Af-Klm), socia e concorrente della prima».

Cosa è successo in questo caso? Nonostante tutte le analisi di mercato messe a punto anche da Iata, l'Associazione internazionale del trasporto aereo e relative al traffico di passeggeri ,«suggerissero investimenti nelle rotte a lungo raggio, la gestione di Alitalia è stata funzionale agli interessi di Af-Klm, avendo un ruolo ancillare verso quest'ultima, con la scelta di una politica volta al trasporto a breve raggio idonea a “consegnare” i passeggeri all'hub di Parigi, facente capo a Af-Klm».

Una decisione che, nel momento in cui Af-Klm «ha dichiarato cessato il proprio interesse a sostenere e ampliare il proprio investimento in Alitalia», ha messo la società nella condizione di vedere «drasticamente crollare la propria posizione di mercato».

Proprio gli esiti negativi di queste due operazioni avrebbero alla fine «determinato l'azzeramento dell'investimento effettuato dalla G&C». Una perdita che la società napoletana ha deciso di non subire in silenzio ma, anzi, di recuperare chiedendo un risarcimento danni («da svalutazione e da lucro cessante») pari complessivamente a 84 milioni 468 mila euro, determinati sommando l'investimento iniziale e la sottoscrizione del prestito obbligazionario deliberato il 22 febbraio 2013.

La richiesta di G&C e dell'avvocato Di Amato non concede tempi lunghi, solo 15 giorni. Trascorsi i quali, se Alitalia decidesse di non pagare, ad aprire i portafogli dovrebbero essere tutti gli altri destinatari della lettera. Naturalmente, attraverso «le più opportune iniziative legali».
25 gennaio 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tag Alitalia G&C Roberto Colaninno
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