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Old 18th Sep 2008, 12:30
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Aletto
 
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dal quotidiano "il Riformista" del 17 settembre 2008, in prima pagina

La cupola dei piloti

Ecco come i sindacalisti dell'Anpac gonfiano le buste paga e controllano carriere, permessi, promozioni e consulenze

di Tonia Mastronuoni


I piloti temono la fine del regime. Del loro, beninteso. Perché in Alitalia comanda una categoria sola, anzi, un sindacato solo, che in senso stretto non è neanche un sindacato, ma è un'organizzazione professionale: l'Anpac. In queste ore in cui si decide vita o morte di Alitalia, continua a fare muro perché teme di perdere il suo sistema di potere. Che è impressionante. L'Anpac decide più o meno tutto, a cominciare dagli stipendi, passando per gli istruttori, i controllori che fanno i check frequentissimi ai comandanti per decidere se sono capaci o meno di volare, e che ha in mano le nomine dei capi piloti e dei dirigenti di una divisione delicatissima come quella delle operazioni di volo. E intasca soldi a palate con società di consulenza come Anpac Service che offre servizi e consulenze generosamente retribuite dall'Alitalia.
Cominciamo dagli stipendi e dalla scandalosa storia dei permessi sindacali. Anzitutto, va detto che conviene molto di più fare il dirigente dell'Anpac che pilotare un aereo. Il suo presidente, Fabio Berti, dichiara 158 mila euro di imponibile all'anno. In più, incassa le indennità e le infinite voci che compongono l'articolato contratto dei comandanti. Il suo vice, Stefano De Carlo, ne dichiara 130 mila. Il più anziano tra i piloti di Alitalia ne guadagna molto meno, 95 mila. E per farsi un'idea di quanto possa lievitare uno stipendio del genere, con tutte le voci aggiuntive, basti calcolare che un comandante che guadagni attorno ai 65mila euro, ne intasca a fine anno oltre 100 mila, quasi il doppio. Ma gli stipendi d'oro non sono l'unica prerogativa dei dirigenti Anpac. La loro organizzazione ha anche il potere di arricchire le buste paga degli iscritti, grazie al sistema dei permessi sindacali.
Il sistema dei permessi funziona così: per ogni pilota iscritto, un sindacato (o un'organizzazione professionale) può rivendicare 2,1 giorni l'anno. In virtù dei suoi iscritti, circa mille, l'Anpac ha dunque diritto a oltre 2000 giorni di permesso all'anno. Quando un comandante vola, prende 164 euro al giorno di indennità. Quando non vola, nulla. I dirigenti dell'Anpac, che ovviamente volano poco o niente perché fanno i sindacalisti, prendono comunque 150 euro al giorno. E ora viene il bello: chi riceve dall'Anpac un permesso sindacale (può essere ovviamente un semplice iscritto), ne prende molti meno, 110. Ma siccome i piloti hanno 20 giorni di volo e 10 di riposo ogni mese, il trucco sta nel prendersi i permessi sindacali nei giorni di riposo. Così, la busta paga si gonfia automaticamente di 110, 220 o 1100 euro in più. Un sistema talmente oliato, non solo in Anpac, che un modo persuasivo per convincere i piloti a iscriversi alle organizzazioni sindacali è sempre stato quello di promettere in anticipo un tot di permessi sindacali per un certo lasso di tempo, ad esempio un anno. Un extra in busta paga garantito dal sindacato, semplicemente in cambio dell'iscrizione.
Poi c'è il capitolo, altrettan*to delicato, del vasto e robusto sistema di controllo delle no*mine. I dirigenti della "Direzione operazioni di volo", quella che organizza, chiamiamole così, "le politiche economiche di volo" cioè dalle modalità di addestramento a que*stioni delicate come il numero di piloti obbligatorio per garantire gli standard minimi di sicurezza su ogni volo, ma anche cose più banali, come sintetizza un comandante, cioè «se dobbiamo mangiare prosciutto o tonno», sono saldamente in mano all'Anpac. Il direttore delle operazioni di volo decide i capipilota, che sono dunque tutti, ça va sans dire, emanazione dell'Anpac. Infine, siccome l'Enac, l'ente nazionale dell'aviazione civile, dovrebbe esprimere i controllori e gli istruttori, ma non ha i numeri per farlo, delega ai piloti stessi questi compiti. E quasi tutti gli istruttori e i controllori sono iscritti all'Anpac (tanto che l'Up, l'altro sindacato dei comandanti, ha denunciato Alitalia per comportamento antisindacale). Visto che i piloti sono obbligati a vari controlli all'anno, un check al simulatore ogni sei mesi e uno in volo ogni dodici, è chiaro che i controllori, dunque i sindacati che li nominano, hanno un discreto potere in mano, per esercitare eventualmente le loro moral suasion, chiamiamole così, sui colleghi.
Poi c'è il capitolo Anpac Service. Una società che offre, prima anomalia, consulenze al*l'Alitalia, l'azienda di cui è controparte nelle trattative sindacali. E che pubblica riviste del settore come Pegaso che sono corredate da pubblicità dell'Alitalia. Fino al 2004 aveva anche in appalto l'aggiornamento dei voluminosi manuali per i piloti (uno o più per ogni tipo di aereo). Infine, ci sono capitoli come Sanivolo, l'assicurazione sanitaria ad hoc per i piloti istituita nel 2001: nel consiglio di amministrazione due dei tre rappresentanti dei sindacati sono dell'Anpac.
È ovvio allora perché, quando Roberto Colaninno ha espresso la volontà di cambiare radicalmente registro, di introdurre anche in Alitalia le Rsu, le rappresentanze sindacali che verrebbero elette attraverso le liste, l'Anpac ha alzato le barricate. Nella Cai, secondo l'accordo quadro su cui i confederali hanno già dato l'assenso, i piloti saranno 1550, contro i 3300 assistenti di volo e agli altri 7650 dipendenti nei servizi e nella manutenzione. Con le Rsu i piloti diventerebbero una minoranza che avrebbe difficoltà a mantenere postazioni di potere come quella attuale dell'Anpac. E se si introducesse anche il contratto unico, com'è nella volontà di Colaninno, il loro potere contrattuale sarebbe molto ridimensionato, rispetto ad oggi. Su questi due punti, raccontano i bene informati, l'Anpac ha detto il no più netto. Rispetto ad essi, il piano industriale o le prospettive reali di rilancio sono questioni molto più secondarie, per le "aquile selvagge".
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