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Old 4th Sep 2008, 10:54
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jtogram
 
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Ho trovato un articolo interessante (e preoccupante) di un paio di giorni fa su un altro sito:


Il commissario straordinario dell’Alitalia Augusto Fantozzi incontrerà venerdì alle 9.30 il presidente dell’ENAC Vito Riggio e il direttore generale Silvano Manera per aggiornarli sulla procedura di amministrazione straordinaria ed il piano di ristrutturazione. Fantozzi non potrà che ripetere quanto ha detto ieri ai sindacati: a fine agosto in cassa c’erano 195 milioni di euro - ben 119 in meno di fine luglio - ed a fine settembre si potrebbe scendere a 30-50 mln. Il confronto con i sindacati rinviato a giovedì si svolge all’ombra di questa realtà.
Il fallimento della trattativa si rispecchierebbe infatti in quello della società, come hanno più volte sottolineato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, il presidente designato della "nuova Alitalia" Roberto Colaninno e altre voci autorevoli. A rendere irreversibile il percorso è l’amministrazione straordinaria che - specie dopo le recenti modifiche alla legge Marzano - concede al commissario poteri vastissimi. Non a caso già da febbraio SDL , l’attivissimo sindacato di base che in Alitalia conta 1.700 iscritti, si era espresso contro il commissariamento. Ma è arrivato, e oggi Fantozzi ha il potere di fare persino il temutissimo "spezzatino" del gruppo. L’accordo quindi si troverà, perché l’alternativa è la disintegrazione del vettore con la perdita di ben più di 5.000 posti di lavoro.
Sui contenuti e le conseguenze restano però molti dubbi tecnici ai quali la cronaca politica non offre risposte. Senza fare dietrologia inutile, proviamo ad elencarne qualcuno. Il mercato
La concentrazione di Alitalia ed Air One mira esplicitamente a creare un vettore con una massa critica tale da dominare il mercato nazionale con una quota non inferiore al 60%, comunque inferiore a quella esistente (perché creata o tutelata) in altri paesi europei, a partire dalla Francia. Sarà questa, probabilmente, la linea di quanti difendono la fusione.
Ma il discorso è più complesso. Il piano industriale del gruppo Meridiana-Eurofly fa esplicito riferimento alle opportunità di crescita che potrebbero essere generate dal riassetto del trasporto aereo italiano, cioè agli spazi che la nuova Alitalia dovrà lasciare liberi.
Ridurre le sovrapposizioni dovrebbe in effetti liberare risorse come gli slot a Linate, dove sulla rotta Milano-Roma i due vettori insieme offriranno circa il 70% dei voli che offrono oggi. Ma nessuno dice che fine farebbe quel 30% che si renderà disponibile. Sarà rimesso a disposizione di nuovi entranti, a vantaggio della concorrenza, o verrà ridotta la capacità dell’aeroporto per decreto come nel 1998 per il lancio di Malpensa 2000? In quell’occasione i passeggeri dimostrarono che la vera alternativa a Linate non è Malpensa ma Bergamo. In caso di interventi pesanti o mal congegnati, potremmo vederne delle belle.
Gli aerei
Che la flotta Alitalia sia vecchia è un fatto. Che al 31 luglio Air One risulti aver ordinato 65 Airbus A320 (che con i 20 già ricevuti totalizzano 85, cinque meno dei 90 di cui si parlava in precedenza), 12 A330-200 e altrettanti A350-800 , è un altro fatto. Ma molto meno chiaro è come sarebbe la futura flotta combinata Alitalia+Air One, anche in relazione alla struttura delle rotte.
Se è ipotizzabile che i 65 A320 vadano a sostituire i 47 MD80 rimasti (e magari anche i primi A320 che hanno già una decina di anni, riducendo i costi di carburante e manutenzione), questo equivarrebbe a un taglio equivalente all’intera flotta 737 di Air One, cioè oltre 20 aerei.
È plausibile che gli A330 sostituiscano i 767, ormai vecchiotti, mal allestiti e non standardizzati perché acquisiti da molte fonti diverse. Ma gli A350? Servirebbero per raddoppiare il lungo raggio, sostituire i dieci 777 o addirittura per una seconda sostituzione degli 767?
Il cargo pare destinato ad essere scorporato e ceduto a parte, forse a quel Milo Radici che non ha mai nascosto il proprio interesse. La questione è controversa. Da un lato, Airbus e Boeing prevedono per i prossimi venti anni una crescita del cargo doppia di quella dei passeggeri. Dall’altro, una flotta di cinque MD11 è ritenuta insufficiente per un servizio capillare.
Che fine faranno Alitalia Express e Cityliner? Le due compagnie regionali impiegano quattro tipi di aerei (ATR72, Embraer RJ145 e 170, Bombardier CRJ900) che in tutto rappresentano circa un quinto dell’intera flotta dei due gruppi. Una domanda analoga si può fare per Volareweb, la low cost del gruppo Alitalia, che a suo vantaggio ha solo le minori dimensioni e la flotta Airbus omogenea con Alitalia e Air One.
I piloti
La nuova Alitalia chiederà ai sindacati di accettare un contratto molto meno generoso di quello attuale e probabilmente più vicino a quello di Air One. Questo potrebbe però non bastare per generare le efficienze richieste. Secondo molti piloti, il basso numero di ore medie annue volate in Alitalia - che la cordata CAI stima in 550 - discenderebbe da fattori organizzativi (cattiva distribuzione dei piloti nei settori, con esuberi sulla famiglia A320 e carenze su quella 767) e dai troppi distacchi sindacali o incarichi di staff.
In un settore che ha una progressione di carriera molto semplice (da copilota a comandante, con l’unica aggiunta di incarichi istruzionali, di controllo etc.) sarà senz’altro molto conflittuale la creazione di una lista unica di anzianità tra cinque compagnie, quali sono oggi Alitalia, Alitalia Express, Volareweb, Air One e Cityliner, con una miriade di accordi interni per la "circolarità", cioè i passaggi di carriera infragruppo. Preoccupa, sotto questo aspetto, il silenzio dei piloti Air One e la loro apparente assenza dalle discussioni. Scelta o esclusione? Gli esiti potrebbero essere molto diversi.
Per tranquillizzare una categoria altamente specializzata e sottoposta a un’infinità di abilitazioni e scadenze i provvedimenti a tutela del reddito fino a 72 mesi sono troppo schematici. Né sarebbe risolutivo il passaggio di una cinquantina di piloti all’ENAC come ispettori di volo di cui gira voce tra i piloti. Molto meglio strumenti di rotazione che consentano di mantenere i titoli professionali - e quindi la capacità di reimpiego altrove per sfruttare l’alta domanda di piloti nel mondo.
Il multibase
Le pressioni dei sindaci dei comuni aeroportuali a favore di questo o quello scalo sono un’anomalia italiana, ma sottolineano la grande confusione di questi giorni. In realtà il "piano Fenice" prevede l’operativo multibase elaborato da Boston Consulting per Intesa Sanpaolo al tempo della proposta Air One del dicembre 2007 . Il piano - già considerato due volte da Alitalia nel 2001 e 2005 - rispecchia la struttura di un mercato policentrico e la filosofia del servizio diretto "point to point". Le low cost o le compagnie di nuova costituzione assumono su una base specifica ma Alitalia ha sempre scartato il multibase per la difficoltà di trasferire da Roma il personale esistente - non solo i piloti, ma anche i tecnici etc.
La nuova Alitalia potrebbe scontrarsi con la stessa situazione, oppure risolverla licenziando tutti e riassumendoli direttamente sulle basi di Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania. Potrebbe trattarsi di un gioco rischioso, che decentrerebbe la conflittualità dall’area romana creando però una rete di focolai pronti ad accendersi a turno.
Né è chiaro come il multibase si legherebbe alla missione assegnata ad Alitalia dal governo di collegare l’Italia ai suoi mercati turistici (sopratutto incoming) e d’affari (soprattutto outgoing). Rispetto alla posizione Air One del dicembre 2007 è infatti scomparsa la vocazione al lungo raggio, segmento che offre i margini più alti. Una strategia rinviata per il costo astronomico del combustibile o una marcia indietro?
La manutenzione
L’area oggi sotto Alitalia Services è unanimente votata alla cessione. Su questo si appuntano due diversi dubbi. In primo luogo, nessuna compagnia di queste dimensioni cede la manutenzione pesante. In secondo luogo, la manutenzione esternalizzata costerebbe probabilmente di più di quella interna ben gestita che - tra l’altro - godrebbe di un cliente interno con una buona massa critica.
E infine …
A queste osservazioni tecniche molti operatori aggiungono - chiedendo di restare anonimi - una buona dose di scetticismo sulle reali intenzioni dei singoli soci di CAI, in parte alimentato dalle voci di un rientro di Air France-KLM nelle vesti di socio di minoranza. Né a fugare i dubbi bastano gli accordi di "lock-up" azionario per cinque anni, facili da aggirare e difficili da sanzionare in caso di violazione. Molti, cinicamente, scommettono su un’operazione speculativa di grande rapidità, fidando nei tempi ben più lunghi delle eventuali (qualcuno dice inevitabili) sanzioni europee. Può darsi.
Quel che è certo è che a questo giro non ci sono più alternative. La situazione precipita e sugli aerei di linea, è bene ricordarlo, non c’è il paracadute.
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