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View Full Version : La vita del pilota..ottima descrizione


bio161
25th Jun 2012, 17:39
' IL PILOTA DEGLI ANNI ' 90? UNA CAVIA DEI COMPUTER'
23 maggio 1992 — pagina 22 sezione: CRONACA

NEW YORK - "L' aereo, si sa, è il più veloce mezzo di trasporto per coloro che non hanno fretta": sorride, il comandante Adalberto Pellegrino, citando il suo libro, "Una giornata in volo", "scritto - spiega - per rendere consapevole ed informato il vasto pubblico degli utenti del mezzo aereo". Sorride, stemperando la tensione nella cabina di pilotaggio del "Boeing 747" dell' Alitalia, volo Az 601 New York-Milano, da due ore in attesa, sulla pista di rullaggio, dell' aeroporto John F. Kennedy. Fuori c' è bufera di vento e pioggia, un fronte di maltempo violentissimo sta arrivando da ovest. E la congestione dello scalo aereo americano è alle stelle. Il tecnico di bordo scruta continuamente gli indicatori di livello del carburante: "Ne stiamo consumando troppo, rischiamo di non avere riserve". Davanti a noi, un "Dc 10" dell' American Airlines chiede alla torre di controllo di poter spegnere i motori, per risparmiare il preziosissimo "JP 4", il cherosene per aviazione. "I computer possono fare tutte le programmazioni migliori, ma poi spetta all' intelligenza del comandante decidere come comportarsi - sottolinea Pellegrino, guardando di nuovo il lungo tabulato che l' addetto alla programmazione del volo gli ha consegnato prima della partenza - Abbiamo fatto aggiungere quasi 4000 chili di benzina per il rullaggio. Sembrava uno sproposito, ed invece, ecco che stiamo consumandolo tutto..." ' Ci trasformeranno in manager dei cieli' Professione pilota, anni ' 90: schiacciato tra informatizzazione, responsabilità e "standard di compagnia", il comandante di un jet di linea sta sempre più perdendo i connotati di un "pioniere del volo" per assumere i panni di un "operatore di sistemi", di un "manager dei cieli" che porta sulle spalle il peso di macchine che costano decine di miliardi e la vita di un numero sempre crescente di passeggeri. Convive con stress violentissimi, con condizioni di vita impossibili a causa dei fusi orari, dell' alimentazione sempre diversa, degli orari "da miniera", dei traumi e delle malattie professionali determinate dai continui sbalzi di pressione, delle esposizioni alle radiazioni ionizzanti, della difficoltà di mantenere relazioni sociali ed affettive. "Una generazione di piloti-cavie: ecco quello che siamo - dice Pellegrino - Altitudini extraterrestri, fusi orari, condizioni d' impiego: le statistiche sul logorio fisico e mentale dei moderni piloti di linea avranno inizio con noi che abbiamo volato solo sui reattori. Intanto, se uno ad un certo punto risulta inidoneo al volo, la Compagnia non gli garantisce neanche un posto di lavoro a terra. E non ci viene riconosciuta nessuna malattia professionale, nemmeno l' ulcera". Per la verità, l' ex presidente del sindacato piloti "Anpac" ha cominciato a volare sugli aerei ad elica: "Quando arrivarono i jet, molti di noi non furono in grado di accettare il passaggio: e come si fa, dicevano, ad accettare di volare con un velivolo che quando scende di quota lo fa col muso rivolto verso l' alto? Altro che l' ostinata incoscienza e lo stupore raccontati da Antoine de Saint-Exupéry nel suo ' Volo di notte' . La quantità di dati oggi a disposizione del pilota è diventata imponente, forse eccessiva per la capacità di acquisizione e utilizzazione che ha la mente umana". Come non dargli ragione, mentre il tecnico di bordo controlla e ricontrolla le 1034 segnalazioni luminose presenti nel cockpit del 747? "Quando ero ancora un novellino - racconta il "comandante-senior" dell' Alitalia - fu un pilota americano a darmi la migliore definizione della nostra professione: un mestiere caratterizzato dal novantadue per cento di noia e otto per cento di terrore. Che è la spiegazione della cosidetta regola del ' più tre e meno sette' , la formula che riassume l' arco di tempo in cui è concentrato il maggior numero di incidenti aeronautici: i primi tre minuti dopo il decollo e i sette minuti che precedono l' atterraggio, seicento secondi durante i quali ci sono limitatissimi margini d' errore e le scelte fatte non sono più modificabili". Decolliamo, finalmente, quando ormai la bufera si sta abbattendo su New York. Le turbolenze squassano il "747", comandante e primo ufficiale sono aggrappati ai comandi. Un' ora di tensione, scandita dalle comunicazioni radio con i centri di assistenza al volo americani. Poi il "747" si stabilizza, è stata raggiunta la quota di crociera, i volti dell' equipaggio, alla luce fioca degli strumenti, si distendono. C' è il tempo di bere una bibita, rigorosamente analcolica. L' autopilota governa l' aereo, a bordo hostess e steward distribuiscono i pasti. I vassoi arrivano anche per l' equipaggio di condotta: ognuno mangerà cose diverse dall' altro, per evitare i rischi di un' intossicazione collettiva. La rotta per l' Italia è regolare, non ci sono problemi. Ma la noia, in realtà, non esiste: anche quando il volo si svolge nella più assoluta tranquillità, comandante ed equipaggio vivono una condizione di continua vigilanza. "Anche nei periodi di stasi, noi non possiamo far altro che controllare e ricontrollare tutto: prevenire l' emergenza, prevedere l' imprevisto è ormai così connaturato al nostro istinto che non ne possiamo fare a meno, neanche volendolo". E il livello di stress è sempre sopra la soglia minima accettabile. Così, ogni comandante ha un modo tutto suo per "recuperare" le tensioni. Adalberto Pellegrino, ad esempio, durante la sosta di poche ore a New York, ha passeggiato per le strade infilandosi nei musei. Il primo ufficiale, appena giunto in albergo, ha fatto una lunga dormita. "Il nostro orario di lavoro dovrebbe comprendere anche le soste a terra, i trasferimenti. E invece si punta a ridurre - spiega il comandante - persino i ' cicli' dei velivoli, tagliando fuori i tempi di rullaggio e di parcheggio. Hanno inventato, addirittura, i ' minimi d' inoperatività compatibili' degli aeromobili, cioè i guasti che il costruttore o la compagnia non definiscono pericolosi per la sicurezza. Ma si fa sempre riferimento ad una singola anomalia, mai alla somma di queste. E a decidere se partire o meno deve essere sempre il pilota. Ma come fa, questi, a lasciare a terra 400 persone per una lampadina guasta, se il costruttore o la compagnia dicono che non è importante o vitale? Ora ci sono i computer che decidono anche i limiti operativi del velivolo, limiti operativi che il pilota non conosce più. Se il comandante si fida dei computer, affida ad essi la gestione completa dell' aereo, non sa mai se questi limiti sono stati raggiunti o no. Il pilota viene sempre più spinto alla periferia del sistema decisionale, pur essendo, formalmente, l' unico responsabile del volo". Sopra di noi, un aereo cisterna americano incrocia la nostra rotta: "Se era al nostro livello - dice il primo ufficiale - avremmo fatto crash..." Vediamo le sue luci anticollisione allontanarsi verso ovest. "Fra poco atterrerà..Noi abbiamo ancora cinque ore di volo...". Ma il sole, volando verso est, arriva prestissimo e la luce che invade la cabina "brucia" gli occhi. "Anni fa ci fecero indossare dei rilevatori per misurare le radiazioni assorbite - racconta Pellegrino - Non ne abbiamo saputo più nulla, tranne un laconico e verbale ' E' tutto regolare' . Intanto noi subiamo controlli annuali sullo stato psico-fisico e, dopo i 40 anni, ogni sei mesi passiamo visita medica e prove psicologiche. Anche questo è fonte di stress, pur se necessario. Ma sapendo di non aver sicurezza del posto di lavoro, ogni esame è una vera e propria tortura. Anche perchè i piloti considerano il volare non un mestiere ma una passione. Un pilota dice ' vado in volo' quando esce di casa, non ' vado a lavorare' ". Famiglia e amicizie Già, la famiglia, le amicizie: come si conciliano con "l' andare in volo?" "I rapporti familiari sono difficili. Occorre un partner o una partner - spiega Pellegrino - con grandi capacità psicologiche, con tanta serenità, in grado di accettare le lunghe separazioni e, soprattutto, il carico maggiore della conduzione familiare. Non è un caso che tra i piloti e più in generale tra gli equipaggi delle compagnie aeree c' è un altissimo numero di divorziati. Altro che mito di belle donne e grandi alberghi...Le amicizie, poi, sono complicatissime. Un esempio? Col tecnico di bordo non ci incontravamo dai tempi del Dc 8. Anni ' 60, quindi..." Davanti a noi compare la pista di Malpensa: un atterraggio facile, senza storia. Poi c' è la lunga attesa alla dogana, il pullman che aspetta fuori pronto a correre a Linate per prendere il volo per Roma. A bordo la tensione si scioglie, si raccontano barzellette, si parla di figli o di politica. Ma l' aereo per Roma riusciranno a prenderlo solo il comandante Pellegrino, il primo ufficiale ed uno steward. Per gli altri, i ritardi nella consegna del bagaglio hanno fatto perdere loro il volo. Aspetteranno un' altra ora, sempre che l' aereo non sia pieno. Perchè il "pax", il passeggero pagante, ha sempre la preferenza. Il comandante Pellegrino ha scritto un nuovo libro: "Le trappole del cielo". Racconta, dal vivo, gli ostacoli e le strozzature del trasporto aereo. Manca solo l' editore. Difficilmente, però, sarà l' Alitalia. La compagnia di bandiera non apprezza le critiche mosse da Pellegrino al management attuale: "La politica dell' Alitalia non è più quella di Verri, il presidente tragicamente morto in un incidente stradale...". A Pellegrino spettano cinque giorni di riposo, poi la visita medica e, se tutto sarà a posto, un nuovo ciclo di voli: Roma-Boston-Roma, poi Tokio....Mosca, Roma. "Stanno già pensando di allungare i nostri orari di lavoro, di consentire undici ore consecutive di pilotaggio, 60 ore settimanali d' impegno. Tanto, dicono, è il computer che fa tutto il lavoro. Quando poi cadrà un altro aereo, diranno: ma il computer non l' aveva previsto..." - dal nostro inviato CLAUDIO GERINO


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